Il nodo da sciogliere

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di Vadim Bottoni

Il dibattito politico-generalista italiano degli ultimi giorni si è ampiamente concentrato sul contratto di governo prodotto dalla Lega e dal M5S, ma tutta questa gran mole di analisi e critiche sembra aver tralasciato un “dettaglio” che invece grande attenzione e preoccupazione ha destato negli organi di comunicazione, soprattutto esteri, con taglio economico-finanziario.

Nel paragrafo 11 sulla detassazione e semplificazione troviamo una misura finalizzata alla risoluzione relativa alla questione dei debiti insoluti della PA, consistente nella “cartolarizzazione dei crediti fiscali, anche attraverso strumenti quali titoli di stato di piccolo taglio”, in sostanza i mini-bot ideati da Claudio Borghi. Senza entrare qui nel dettaglio del funzionamento di questa misura e della compatibilità con l’Articolo 106 del Trattato di Lisbona dell’Unione europea, in sostanza si tratta dell’emissione di bot dal valore di 5, 10, 20, 50 e 100€, senza tasso di interesse e senza scadenza, utilizzabili per pagare le tasse e le imposte. Tale emissione verrebbe effettuata dal Tesoro a beneficio delle imprese e delle persone fisiche che avessero maturato crediti nei confronti dello Stato (la cifra si aggirerebbe intorno ai 60/70 miliardi che lo Stato deve alle imprese, i rimborsi IVA ed IRPEF ecc).

L’interesse e la valutazione della stampa straniera su questa misura è ben espressa dall’articolo (pubblicato il 17 Maggio) del prestigioso ed influente Financial Times con un inequivocabile titolo: “March of the mini-BoTs may bring down the euro”, ovvero, “la marcia dei minibot potrebbe affossare l’euro”. La dissonanza tra l’enfasi posta all’estero e l’indifferenza interna (quella del nostro dibattito politico) è evidente, enfasi che (nel Financial Times) è rafforzata dalla raffigurazione (a tinte grottesche) della reazione dei banchieri centrali e dell’eurozona finanziaria ai minibot che oscillerebbe tra l’indignazione e l’apoplessia (“between outrage and apoplexy”), tradotto gli potrebbe venire “un colpo!”.

In Italia sarebbe sconveniente fare una simile campagna contro una misura finalizzata a sanare una situazione che può essere stereotipata e trasmessa al pubblico nel seguente modo: un artigiano vanta dei crediti verso lo Stato il quale, non onorando i suoi impegni, non fornisce i mezzi all’artigiano per onorare i suoi impegni, presi ad esempio verso il fornitore, costringendolo al fine a chiudere bottega. Il fatto che la passività (il credito dell’artigiano verso lo Stato) già esista significa che non si sta creando nuovo debito, ma solo che tale passività diventi liquida e quindi (potendo circolare) renda possibile una quota aggiuntiva di scambi di beni e servizi che sarebbero percepiti come vitali dai ceti produttivi nella condizione economica attuale, ovvero come nuovo ossigeno nel tessuto produttivo.

Enfatizzare la critica a questa misura nel dibattito interno avrebbe connotazioni evidentemente scomode per cui si preferisce agire su altri canali di attacco al nascente governo, mentre invece il punto di vista dei canali economico-finanziari esteri, che non è orientato sulle esigenze del popolo italiano bensì sulla stabilità dell’attuale configurazione europea espressione diretta delle esigenze dei grandi capitali finanziari, opera allarmando e stigmatizzando tali “alzate di testa” a marca populista. La differenza tra questi due approcci è tanto evidente quanto politicamente dirimente. Infatti l’ipotesi qui avanzata è che la decifrazione di questa dissonanza diventa chiave di lettura per comprendere e contestualizzare la portata e le potenzialità politiche di questo governo.

La misura dei minibot in realtà è destabilizzante per l’eurozona perché diminuirebbe il grado di ricattabilità dell’Italia in sede di “trattativa europea” mettendo a rischio la tenuta degli attuali rapporti di forza che la vedono come “il ventre molle”. In sintesi, la nostra ricattabilita’ nell’euro-sistema è data dal fatto che se le nostre rivendicazioni non rispettassero i compiti assegnati ai vari governi di turno, potrebbe scattare la procedura descritta molto efficamente ed onestamente (purtroppo) dall’ex ministro Orlando in merito alla modifica COSTITUZIONALE dell’art.81: «La modifica – devo dire abbastanza passata sotto silenzio – della Costituzione per quanto riguarda il tema dell’obbligo di Pareggio di Bilancio non fu il frutto di una discussione nel Paese. Fu il frutto del fatto che a un certo punto la Banca Centrale Europea, più o meno – ora la brutalizzo – disse: “O mettete questa clausola nella vostra Costituzione, o altrimenti chiudiamo i rubinetti e non ci sono gli stipendi alla fine del mese”[1].» Così se l’introduzione dei minibot fosse ben condotta e raggiungesse un certo grado di diffusione potremmo avere uno strumento capace di depotenziare la minaccia della chiusura dei “rubinetti” (perché ne avremmo uno di riserva) facendo diminuire il grado di ricattabilità di un ipotetico governo che, su mandato popolare, tentasse di difendere l’interesse nazionale nelle sedi dell’eurosistema.

La retorica demenziale di battere i pugni su un tavolo che non c’è sarebbe sostituita da una proposta efficace che sta inquietando i difensori degli interessi anti-popolari nell’eurosistema in modo manifesto o meno a seconda della convenienza, ma il tutto comprensibile in chiave politica con evidenti conseguenze da trarre. Una delle principali conseguenze è che se un governo si impegnasse ad elaborare un efficace “piano B”, che neutralizzerebbe i metodi di ricatto visti prima e consentirebbe una posizione di parità all’Italia nelle trattative tra stati in sede europea, verrebbe ostracizzato dai difensori dell’assetto attuale che tenterebbero conseguentemente di escludere dalla dialettica politica chi per capacità, profilo istituzionale e visione sarebbe in grado di portare avanti, in un tale governo, un tale progetto.

Quello che sta succedendo in questi giorni con le barriere alzate all’insediamento di Paolo Savona al ministero dell’economia ne è testimonianza, perché altrimenti avremmo un personaggio dall’altissimo profilo istituzionale portatore di istanze per cui «battere i pugni sul tavolo non serve a niente … Bisogna preparare un piano B per uscire dall’euro se fossimo costretti, volenti o nolenti, a farlo [l’alternativa è] fare la fine della Grecia»[1].
Qui si sta giocando la partita più importante per comprendere gli sviluppi della fase politica e la strategia da adottare.

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