di Sandro Arcais
Come ho cercato di dimostrare nella prima parte di questo post, tutti i nove articoli del Corriere della Serva del 25 agosto che affrontano le varie questioni legate alla nave Diciotti e al suo carico di disperate e inconsapevoli armi di destabilizzazione del governo «populista, razzista, fascista e xenofobo» che guida attualmente il nostro paese, contribuiscono a creare nella testa del lettore una mappa mentale, questa:
Con questa mappa in testa, il lettore incappa nel decimo articolo, un articolo di fondo di uno sconsolato Federico Fubini. Fubini non affronta direttamente la questione immigrazione, bensì si occupa del fallimento del grande progetto della classe dirigente italiana di migliorare il popolo italiano, di plasmare un nuovo tipo di Italiano (vi ricorda qualcosa e qualcuno questo progetto? A me sì, e il ricordo non è piacevole).
Ecco le confessioni di Fubini divise in punti intercalati da alcuni miei commenti:
sin dal Trattato di Mastricht «il loro [delle classi dirigenti, ndr] messaggio agli italiani è stato che dovevano cambiare e migliorarsi, diventare più simili alle stesse élite istruite. Dovevano sforzarsi di assomigliare ai tedeschi o agli altri europei di successo e buone maniere.»
(in realtà, a noi ci era stato detto che saremmo stati meglio e più ricchi; alcuni ci dissero che dovevamo ricominciare ad assaporare la «durezza del vivere», ma a quelli non li abbiamo presi sul serio; nessuno ci ha mai detto con chiarezza che eravamo inferiori, e che dovevamo innalzarci all’altezza dei nostri governanti e delle razze nordico-teutoniche, a cui loro evidentemente si sentivano di appartenere già)
«le élite europeiste nelle loro certezze non hanno mai perso tempo a valutare il retroterra su cui innestavano questa continua pressione psicologica sui loro connazionali.»
(il che è tipico di tutte le classi dirigenti profondamente estranee ai loro governati, che non conoscono, non amano, non rispettano e in fondo disprezzano; e proprio per questo votate al fallimento o al massimo a fare da Quisling per un qualche padrone straniero; che poi è quello che sta succedendo;)
Il “retroterra”: «Nella società italiana, anche nei momenti di successo, il senso doloroso di rappresentare un’anomalia in Europa è sempre serpeggiato appena sotto la superficie. Anche quando non è un complesso di inferiorità — che le élite europeiste per prime avvertono — è un sentirsi non proprio come gli altri.»
(mi permetto di avanzare un sospetto: e se il senso di inferiorità sia tutto loro? Dove “loro” sono quella parte della classe dirigente italiana legata al grande capitale, alla grande borghesia, gli “anglofili”, i liberali, quella parte della Resistenza che mai si è arresa all’evidenza che gli Italiani a loro hanno preferito i partiti popolari e di massa, quello comunista, quello socialista, quello democristiano, che ha sempre guardato con disprezzo, senso di superiorità e snobbismo questi nuovi governanti espressione del “popolo bue”, che ha sempre costituito un “quarto partito” all’interno e una quinta colonna per gli interessi stranieri sull’Italia, anglossassoni, prima, franco-tedeschi, poi)
«La speranza [delle élite europeiste] era che proprio l’Europa aiutasse a recuperare il distacco e in gran parte è andata così.»
(«recuperare [un] distacco» è cosa buona e giusta, 1) se sei stato distaccato e 2) se recuperare il distacco non significa schiantarti il cuore; ma in cosa eravamo in ritardo noi Italiani agli inizi degli anni Novanta quando questo esperimento ha subito un’accelerazione? Il lavoro era troppo stabile e tutelato; le pensioni erano troppo generose; lo stato gestiva troppa industria, troppa finanza, troppi servizi; lo stato si indebitava troppo; le famiglie si indebitavano poco; la sua economia era troppo competitiva)
«Appartenere alla Ue ha enormemente accelerato la modernizzazione, …»
(«recuperare il distacco», accelerare la «modernizzazione»: trovatemi uno che sarebbe contrario a queste due prospettive; chi vorrebbe essere “ritardato” o “retrogado”? ma è chiaro che se scendiamo dalle vaghe altezze alle quali a Fubini piace volare e atterriamo sulla terra, per la quale gli esseri umani sono fatti, quel “recupero” e quella “modernizzazione” perdono tutto il loro fascino e prendono la forma di aumento della povertà, della disuguaglianza, della precarietà, della speranza, della natalità, dell’angoscia e della preoccupazione)
«… poi però sono accadute alcune cose. La più evidente è che la promessa di prosperità o almeno di normalità offerta dall’euro non è stata mantenuta.»
(la seconda affermazione è un po’ contorta: chi non ha mantenuto la promessa? chi l’ha fatta? la nostra classe dirigente tanto superiore rispetto a noi? l’euro? la traduzione del Fubini-pensiero che vi propongo è questa: “l’euro(pa) ha offerto agli Italiani un futuro di «prosperità o almeno di normalità», la nostra classe dirigente tanto superiore rispetto a noi ci ha promesso un futuro di «prosperità o almeno di normalità» attraverso l’euro(pa), però (peccato) noi Italiani non ci siamo dimostrati all’altezza del dono offertoci tanto generosamente; insomma, ci siamo comportati come i classici porci a cui si donano le perle”; del resto, pigs eravamo e pigs ci siamo confermati)
«Poco importa che ciò sia accaduto, in buona parte, perché i politici e il sistema produttivo non hanno avuto il coraggio e la lungimiranza di prepararsi davvero all’unione monetaria, in modo da sfruttarne meglio i vantaggi e contenerne gli svantaggi.»
(tradotto: non hanno avuto il coraggio di attenuare abbastanza “quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l’ individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i rovesci della fortuna, con la sanzione o il premio ai suoi difetti o qualità“; insomma, la medicina era giusta, ma al malato non gliene si è somministrata abbastanza; se ci riflettete sopra, l’argomento potrebbe essere sempre riproposto; fino alla morte del malato)
«Negli ultimi anni [gli Italiani] hanno anche visto che alcune delle richieste di sacrifici più dolorose arrivate dal NordEuropa non erano nel loro vero interesse o nell’interesse dell’equilibrio generale europeo. Piuttosto, riflettevano una percezione tedesca dell’interesse europeo»
(oh la Peppa!! ma non mi dire!)
«Questa pressione per somigliare alla Germania ha finito così … per aggravare il complesso di inferiorità nei seguaci italiani, dato che le distanze aumentavano anziché ridursi.»
(uno psicoterapeuta bravo; qui ci vuole uno psicoterapeuta veramente bravo; ma bravo bravo bravo, mih!)
«gli italiani vedono che i membri delle élite europeiste che spingevano in quel senso, per qualche ragione, cascano sempre in piedi; non condividono mai il destino di penuria e insicurezza del loro popolo.»
(ma l’euro(pa) non offriva un futuro di «prosperità o almeno di normalità»? da dove spunta fuori questo «destino di penuria e insicurezza»? e poi, perché «destino»? vorrei suggerire al dottor Fubini una cosa: il presente è l’effetto del passato, che ne è la causa; non esiste una cosa chiamata destino; esiste piuttosto il karma; così come esiste un karma personale, esiste anche un karma dei popoli, frutto delle tante decisioni dei tanti che compongono ciascun popolo; dove però è chiaro che le cause messe in essere dai padroni del suo giornale sono molto più pesanti delle cause che può mettere in essere lei, le quali a sua volta sono molto più pesanti delle cause che posso mettere in essere io, e così via; quello che voglio dire è che i suoi padroni del giornale sono certamente più responsabili del karma degli Italiani di quanto lo sia lei o io; nel nostro caso specifico, le responsabilità del fallimento di un progetto-paese sono prima di tutto della sua classe dirigente latamente intesa)
«Matteo Salvini e Luigi Di Maio entrano in scena a questo punto. Non hanno studiato molto, non pretendono di sapere, si vantano del loro passato di lavoretti»
(ricordate la mappa mentale costruita nei nove articoli precedenti? e in chissà quanti altri articoli nei numeri precedenti, fino a sedimentare nel profondo del lettore abituale del CdS il semplice giudizio: “ignoranti”, “incapaci”, “barbarignorantincapaci”, e costruire così un filtro, una lente che selezioni gli atti, i fatti, i dati, se mai inavvertitamente vengono in contatto col lettore)
«Hanno risposte sbagliate, ma domande giuste (disoccupazione, disuguaglianza…).»
(perché invece l’austerità imposta da quell’Europa modello a cui dovremmo adeguarci, la demenzialità di una moneta comune per economie completamente differenti, il dovere costituzionale del pareggio di bilancio, le idee antidiluviane tipo che le tasse finanziano la spesa dello stato, che lo stato è come un padre di famiglia che le pensioni alte dei padri diminuiscono le future pensioni dei figli, tutto questo armamentario di idee, menzogne e pratiche sponsorizzate da sempre dal Corriere della Serva sono la risposta giusta, e non invece la causa di quelle «domande giuste»)
«Perfetti nella loro ostentata medietà, liberi da complessi e dal desiderio di piacere in Europa, i due sollevano l’elettore dal senso di inferiorità di doversi adattare a un modello superiore.»
(in verità, il complesso di inferiorità, in tutto l’articolo, Fubini ha scritto e ha dimostrato essere stato sempre e solo suo, della nostra classe dirigente (almeno, quella della seconda repubblica) e della classe di cui lui è intellettuale organico (ogni classe ha gli intellettuali organici che si merita); e faccio l’ipotesi che tale complesso aumenti all’aumentare dell’istruzione e della cultura, segno che sia il frutto di una paziente e costante inoculazione nelle menti del nostro ceto intellettuale attraverso molteplici vie e veicoli; infine, stendiamo un velo pietoso sul «modello superiore» che come la maga Circe prospetta un futuro di «prosperità» che si trasforma poi in un «destino di penuria e insicurezza»)
«I nuovi potenti hanno convinto gli italiani che sono liberi; vanno bene così, nei loro limiti, e più niente è atteso da loro.»
(mi sta venendo voglia di mandarcelo …)
«È un’illusione, purtroppo, perché l’Italia resta una società iniqua, familista e bloccata, la demografia in drammatico declino, l’emigrazione dei giovani un’emorragia e soffocanti interessi sul debito più alti della crescita.»
(io non so se sia malizia, ingenuità, ignoranza o confusione mentale causata dalla sua dolorosa vergogna di noi di fronte allo sguardo severo dei popoli nordico-teutonici, di noi popolo italiano che non ci siamo affaticati abbastanza per eguagliare i suoi (di lui Fubini, della sua classe e dei suoi rappresentanti politici della seconda repubblica) modelli, non so cosa sia, ripeto, ma questo è un puro e semplice travisamento della realtà; Fubini sembra non gestire bene i concetti di causa e di effetto; oppure dà l’idea di considerare tutta una serie di effetti (ineguaglianza, permanenza dei giovani a casa dei genitori, calo demografico, emigrazione, debito, e io ci aggiungo disoccupazione, precarietà, povertà, insicurezza, stress, depressione e tristezza) come semplicemente derivanti dal fatto che il popolo italiano non ha accettato abbastanza austerità, abbastanza riforme strutturali, abbastanza medicina europea, vale a dire tutte quelle cose che sono state e sono esattamente alla base dell’elenco fubiniano)
«L’Italia non va bene com’è.»
(questo è poco ma sicuro: c’è ancora troppo liberismo e neoliberismo nelle teste anche di questo governo attuale; c’è ancora troppa sinistra liberista, noborder, globalista, innamorata dei mercati, pateticamente ormai ininfluente, utile solo a fare da sponda ai tentativi sorosiani di destabilizzazione del governo giallo-verde; c’è ancora troppa poca consapevolezza della vitale necessità che il popolo italiano ha di uno stato imprenditore e regista dell’economia; c’è ancora troppo poca costituzione nella nostra vita quotidiana)
«Ma abbracciare la propria anomalia senza sentirsi giudicati, per ora, è una tremenda vendetta.»
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Non siamo stati all’altezza, ecco qual è il punto. Il popolo italiano non è stato all’altezza della classe dirigente della seconda repubblica e del modello germanico. Facciamo vergognare tale classe dirigente agli occhi degli omologhi nord-europei. Non siamo riusciti a diventare europei, a cancellare la nostra anomalia in Europa. Non sappiamo soffrire. Non vogliamo accettare di soffrire per ascendere alle altezze del modello germanico. Non abbiamo accettato di sacrificare la nostra passione per la comodità dell’oggi, di privarci oggi per lasciare un futuro di prosperità ai nostri figli. E questa nostra debolezza di carattere spiega la condizione in cui l’Italia è oggi. Ora noi Italiani ci illudiamo di essere liberi dalla necessità di conformarci al modello teutonico e ci illudiamo di vivere in un paese della cuccagna dove è sempre carnevale. La nostra classe dirigente non è riuscita a disciplinarci. Ci penseranno i mercati.
Riassunte all’osso, queste sono le farneticazioni che ronzano nella testa dei componenti dello stato profondo italiano, in quel “quarto partito” di degasperiana memoria. Che, ricevuta la benedizione della sua guida spirituale, se ne lava le mani e è pronto ormai a consegnarci definitivamente allo straniero con animo leggero e coscienza pulita.