Il cibo

 

di Angela Matteucci

Relazione per il seminario del 13 Ottobre 2018 – Hotel Portamaggiore – Roma

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In questo mondo globalizzato, ridotto a merce, nella società dei consumi, è necessario interessarsi soprattutto di cibo.

Il cibo raccoglie in sé i problemi economici e ambientali. Il Diritto all’alimentazione, che dobbiamo pretendere, non è soltanto quello legato alla quantità ma soprattutto alla qualità. Uno dei più grandi intellettuali del novecento, Pasolini, soprattutto in forma artistica ha sottolineato che il cibo dell’anima: cultura, religione, arte deve essere accompagnato al cibo materiale.

Non è possibile, oggi restare muti sapendo che nel mondo muore un bambino ogni 5 secondi con meno di quindici anni – che nel 2017 sono morti circa 6,3 milioni di bambini e che la metà di questi decessi sono avvenuti nell’Africa Sub sahariana e un altro 50 %In Asia Meridionale.

Uno degli elementi scatenanti di questo flagello oltre ad essere la scarsità di cibo è la mancanza d’acqua.

Già dal mattino, quando ci alziamo i nostri quattro sensi vengono risvegliati dal suono della macchinetta del caffè che ci dona quella bevanda profumata, scura dal gusto unico e inconfondibile.

Quando lo beviamo, e lo gustiamo, pensiamo a tutto fuorché all’albero di Coffea, da cui nasce il nostro corroborante amico.

Un amico importantissimo se consideriamo che dopo il petrolio, è il prodotto maggiormente commercializzato a livello mondiale.

A produrlo sono piccoli, medi e grandi produttori dei paesi più poveri, e come la maggior parte di quello che mangiamo e beviamo fa parte di un mercato che è nelle mani delle multinazionali, che per questo specifico prodotto, per il 40% svolge l’intermediazione di importatori esportatori e che per il 60% viene acquistato dalle multinazionali di trasformazione al fine di vendere il prodotto torrefatto e impacchettato.

I due giganti sono la Nestlé e la Philip Morris.

Questo vuole essere soltanto un piccolo esempio per sottolineare che non si può accettare senza reagire sul perché il 75% del commercio mondiale è controllato dalle multinazionali e sul perché i paesi in via di sviluppo, si ritrovano ad avere le filiali delle multinazionali che oltre ad avere la disponibilità delle materie prime si servono di una manodopera che lavora per più tempo e con un salario minimo.

La logica del profitto la ritengo criminale soprattutto quando la mancanza di cibo, si serve della fame per sfruttare le persone povere ed in particolar modo i minori. È sconcertante che sia anche la famiglia stessa a chiedere ai bambini di darsi da fare per sopravvivere. Anche per loro, alla fatica fisica si aggiungerà il fardello dell’ignoranza che non farà nascere e crescere in loro ogni forma di ribellione.

Oltre al tema della fame il cibo deve porci degli interrogativi su quello che sono gli sprechi relativi alla catena alimentare considerando che ogni anno constano di 750 miliardi di dollari. Il 7 % di tutti i gas serra globali è associato alla produzione di spreco alimentare dovuti a mancate produzioni produttive, perdite prima dei raccolti, sovralimentazioni nel consumo, perdite nette di prodotti usati in allevamento usi industriali ed energetici, sprechi di acqua potabile.

Come è possibile accettare tutto questo soprattutto pensando anche alla nostra amata patria. L’Italia, dove soprattutto nel sud ogni anno migliaia di aziende, sono costrette a chiudere i battenti.

Quando sono nata negli anni ‘50, la metà della popolazione era contadina, oggi i contadini sono il 3% e la metà di loro ha più di 60 anni. È intollerabile non reagire al modo in cui vengono umiliati i lavoratori della terra, gli allevatori, i pescatori a cui le multinazionali pagano i prodotti dei loro grandi sacrifici pochi “euro” per poi rivenderli a noi consumatori a ben altre cifre.

Come è oramai inaccettabile la “fine” della produttività dei suoli causata dai prodotti chimici, così come la distruzione di pesci, animali, piante.

La prima cosa da fare è ritrovare un senso di comunità, è cominciare a mostrare sfiducia nei confronti di ogni pubblicità relativa al cibo che mangiamo. Compriamo prodotti della nostra terra, che siano biologici, andiamo a cercare i contadini, gli allevatori… i pescatori… parliamo con loro. Accogliamo a piene mani i loro insegnamenti, ma anche il loro dolore, che non riguarda le nostre singole vite ma quella di tutte le specie viventi.

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