Qualche giorno addietro abbiamo pubblicato un interessante articolo di Guido Salerno Aletta che illustrava l’apparentemente paradossale situazione italiana che presenta una alto debito pubblico a fronte di un corrispondentemente alto risparmio privato. Paradosso apparente, pensiamo noi, che potrebbe benissimo essere risolto se pensassimo alla normalissima verità (tanto normale quanto accuratamente passata sotto traccia) che il debito pubblico è il risparmio privato (si veda la lezione sui saldi settoriali del corso sui fondamenti della teoria della moneta moderna organizzata dal Centro Studi per il Patriottismo Costituzionale in collaborazione con l’Associazione rete MMT di Cagliari).
Apprezziamo l’opera di informazione chiara e indipendente che l’autore porta avanti da tempo, in totale controtendenza rispetto alla disinformazione della totalità dei media tradizionali. Apprezziamo la sana dose di patriottismo che i suoi articoli rivelano, in un panorama che per lo più è invece segnato da una dose più o meno accentuata di autorazzismo. Apprezziamo la proposta di “italianizzare” il debito pubblico italiano, proposta che ci trova perfettamente d’accordo, Dissentiamo però sulle ultime due affermazioni che chiudono l’articolo:
Gli Italiani, strozzini di sé stessi.
Ricchi, ma ancora un po’ scemotti.
Riguardo alla prima, noi pensiamo che quel «gli Italiani» sia da scorporare in almeno due categorie: gli “strozzini” e gli “strozzati”. In merito alla seconda, pensiamo che gli Italiani ricchi, non siano precisamente “scemotti”, e che anche al loro interno sia necessario fare almeno una distinzione: quelli che approfittano di una situazione per loro vantaggiosa in cui si sono venuti a trovare (e che fanno di tutto perché non cambi) e quelli che questa situazione l’hanno pensata, voluta e contribuito in vari ruoli a creare. Le due distinzioni sono utili per il ragionamento che andremo a fare. Seguiteci.
Secondo Oxfam Italia, nel 2018, il 20% degli Italiani deteneva il 72% della ricchezza nazionale
È facile pensare che quel 75% del debito pubblico italiano detenuto da Italiani sia detenuto nella sua quasi totalità da quel 20% di Italiani che detengono il 72% della ricchezza nazionale.
A partire dai primi anni degli anni ’90 del secolo scorso, l’Italia si è prodotta in una serie quasi ininterrotta di avanzi primari, ovvero le tasse hanno sempre sopravanzato la spesa pubblica (come mostra il grafico che segue).
L’avanzo serviva a pagare gli interessi sul debito pubblico. Debito pubblico detenuto per lo più da quel 20% di Italiani più ricchi. Dovrebbe risultare chiaro ora che in Italia, sin dagli inizi degli anni Novanta è stata messa in funzione una grande idrovora che ha trasferito sistematicamente ricchezze dall’80% degli Italiani (gli “strozzati”) al 20% degli Italiani (gli “strozzini”).
Se poi consideriamo che
1. è facile pensare che durante tutti gli anni Ottanta, gli anni in cui il tasso di interesse sul debito garantito dallo stato schizza verso l’alto (e con lui il debito), chi ha goduto maggiormente di questo moltiplicatore della ricchezza finanziaria privata è stato nuovamente il 20% di Italiani più ricchi, ed
2. è facile pensare che all’interno di quel 20% sia ben radicata la classe dirigente attuale di questo paese (quel «quarto partito» a cui accennava De Gasperi, che agli inizi degli anni Novanta si è liberato definitivamente della classe politica dirigente della prima repubblica per sostituirla con i burattini sintetici della seconda),
allora il film che ne esce fuori è qualcosa più o meno di questo genere qui:
dopo avere rimpolpato ben bene il loro portafogli grazie allo stato che spendeva in defict, si indebitava e pagava lauti interessi, il 20% più ricco degli Italiani (tra i quali rientrano anche Ciampi e Andreatta, che si accordano per separare la Banca d’Italia dal Tesoro) richiede a gran voce la sterzata austeritaria per far entrare l’Italia nell’euro, e pochi anni dopo strilla a gran voce “FATE PRESTO” per imporre ancor più austerità, tutto ciò per continuare a godere della rendita finanziaria garantita dal debito pubblico, nella forma ora di un trasferimento e concentrazione di ricchezza finanziaria dal basso verso l’alto.
Ma non si è trattato solo di questo, perché con questa mossa il 20% più ricco d’Italia ha recuperato anche il controllo del paese, controllo che aveva perso dopo averlo guidato verso il baratro della seconda guerra mondiale e di una rovinosa sconfitta. E siccome le bastonate lasciano il segno e formano il carattere, il 20% di Italiani più ricco non ha saputo e voluto far altro che sub-governare il nostro Paese per conto terzi, trasferendo sovranità altrove, a Bruxelles, così da potersi deresponsabilizzare rispetto alle necessarie scelte impopolari per entrare e restare nel e colpevolizzare il restante 80% per non essere all’altezza del “sogno europeo”.
Ma questo 20% non è fatto di “scemotti”. Al contrario, finora è riuscito a cadere sempre in piedi. Ha dimostrato di sapersi adattare alle situazioni, e da tutte trarre vantaggio. Ha dimostrato flessibilità e spregiudicatezza, realismo e misura, pazienza e decisione, astuzia e visione ampia delle situazioni, forza egemonica e, ça va sans dire, risorse, mezzi, competenze, relazioni, sapere. Tutte doti necessarie a una classe dirigente. Definire i componenti del 20% più ricco degli Italiani “scemotti” è un modo elegante e obliquo per continuare a deresponsabilizzarli per incapacità di intendere e di volere, per consentirgli di sfilarsi fischiettando dal peso delle proprie responsabilità.
Al contrario, noi di Patriottismo Costituzionale, pensiamo che dalle proprie responsabilità non si sfugge con un sorrisetto da finto tonto. Bisognerà invece riflettere a lungo sulle responsabilità della classe dirigente che ha preso le redini di questo paese dall’inizio degli anni Novanta del secolo scorso a oggi (e non ci riferiamo certo ai figli degeneri delle esperienze comuniste e democristiane), bisognerà identificarne i leader, i centri pensanti, ricostruirne anche storicamente le strategie, fare la mappa delle posizioni occupate in tutti i settori strategici del Paese e delle relazioni internazionali, seguire i mille fili e le mille leve che da ormai troppo tempo gli consentono di controllare uomini e mezzi del nostro Paese.
A noi di Patriottismo Costituzionale il compito di contribuire alla costruzione di una classe dirigente alternativa, nazional-popolare, ispirata alla costituzione del ’48, una classe dirigente a sua volta funzionale alla nascita all’interno dell’80% degli Italiani di un blocco sociale che possa almeno aspirare a costringere al compromesso quel 20% di Italiani più ricchi, per poter minimamente attrezzare l’Italia alla navigazione in acque che certamente, in un futuro che è già presente, si faranno sempre più tempestose.