Il discorso di Draghi

di Sandro Arcais

Del discorso di Draghi ai giovani di Comunione e Liberazione si è molto scritto. Ne hanno scritto Dante Barontini su Contropiano, Guido Salerno Aletta su Teleborsa, Thomas Fazi sull’Antidiplomatico e la redazione di Piccole Note, per citarne solo quattro. Tutti si sono concentrati soprattutto su alcuni temi toccati da Draghi: l’ingiustizia che da sociale viene da lui trasformata in ingiustizia generazionale, la necessità di tornare alle regole europee, revisionate finché si vuole, la necessità che il debito venga ripagato in futuro dalle nuove generazioni, il dovere della generazione di Draghi di mettere in grado le generazioni future di ripagare il debito contratto dai loro padri con un massiccio investimento in formazione, la distinzione (un po’ vaga nel testo) tra debito buono e debito cattivo. Rimando ai quattro articoli citati per un loro esame.

Io vorrei aggiungere al dibattito due temi toccati da Draghi, che mi sembrano essere stati sottostimati.

Il primo rimanda a un paragone che si era subito imposto nei mezzi di comunicazione di massa italiani tra l’epidemia di coronavirus e la guerra. Già Draghi aveva sdoganato definitivamente questo paragone con tutto il peso della sua autorevolezza nella famosa lettera sull’Economist. Davanti ai giovani di Comunione e Liberazione ha ripreso il paragone:

Nel secondo trimestre del 2020 l’economia si è contratta a un tasso paragonabile a quello registrato dai maggiori Paesi durante la seconda guerra mondiale.

e subito dopo

Alla distruzione del capitale fisico che caratterizzò l’evento bellico molti accostano oggi il timore di una distruzione del capitale umano di proporzioni senza precedenti dagli anni del conflitto mondiale.

Dopo di lui il paragone si è diffuso e imposto.

I paragoni sono congegni cognitivi potentissimi: consentono di trasferire una serie di elementi del significato del secondo termine di paragone (in questo caso la guerra) al primo (nel nostro caso il dilagare del coronavirus). Se il paragone si impone, un modo particolare di leggere il presente, soprattutto se il presente è costituito da elementi di novità dirompente, si imporrà nelle comunità, soprattutto quelle più connesse ai mezzi di comunicazione di massa (social compresi). Quella cosa lì che ci sta capitando davanti agli occhi è assimilata a una guerra con tutte le conseguenze che questo comporta: stato di eccezione, limitazione delle libertà, aumento del potere dell’esecutivo.

Ma il primo termine di paragone non perde tutti i tratti del suo significato. In questo caso mantiene l’utilissimo aspetto che la diffusione di un virus non è imputabile a nessuno (a meno che tu non sia un complottista o un romanziere o uno sceneggiatore e cominci a elucubrare su un virus scappato da un superlaboratorio americano e poi trasferito dagli americani in Cina, dove hanno aspettato che si diffondesse per poi scatenare i mass media così da forzare le autorità cinesi a dare il via al al gran circo mondiale della epidemia), così che la distruzione di capitale fisico e umano, utilissima al sistema di produzione capitalistico per risolvere alla sua solita vecchia maniera, come sin da quando si è affermato in Occidente, le sue crisi periodiche, tale distruzione, dicevo, non fosse imputabile a nessuno.

Una persona maligna potrebbe pensare a una vera e propria demolizione controllata: una guerra in grande stile come le due guerre mondiali del secolo scorso è oggi impossibile (l’atomica ce l’ha anche la Corea del Nord, figurarsi) e quindi ecco un bel virus nuovo di zecca che ne faccia le veci.

Il secondo tema è quello dell’Unione europea. La parte finale del discorso di Draghi, infatti, è tutto dedicato alle prospettive dell’Unione europea. Prima di tutto, in perfetto stile neoliberista, una variazione della regola secondo cui nessuna crisi deve andare sprecata:

Da questa crisi l’Europa può uscire rafforzata.

Poi il solito accenno al “se non ci fosse stato l’euro …”

L’azione dei governi poggia su un terreno reso solido dalla politica monetaria. Il fondo per la generazione futura (Next Generation EU) arricchisce gli strumenti della politica europea.

Infine il salto in avanti, l’orizzonte di sfruttamento della crisi in atto (che quindi ha bisogno di un virus che non si ammosci come sembra stia facendo quello attuale, e là dove non arriva il virus interviene la grancassa dei mezzi di comunicazione di massa):

Il riconoscimento del ruolo che un bilancio europeo può avere nello stabilizzare le nostre economie, l’inizio di emissioni di debito comune, sono importanti e possono diventare il principio di un disegno che porterà a un Ministero del Tesoro comunitario la cui funzione nel conferire stabilità all’area dell’euro è stata affermata da tempo. (neretto mio)

Segue una aperta critica al metodo intergovernativo …

Dopo decenni che hanno visto nelle decisioni europee il prevalere della volontà dei governi, il cosiddetto metodo intergovernativo, …

… (a chi fischieranno le orecchie? a questo governo degno erede di tutti i governi della seconda repubblica in perenne ricerca di un vincolo esterno europeo che gli togliesse la responsabilità di governare gli Italiani, di sicuro no. Ai tedeschi, forse? Ai francesi?) e l’esaltazione di un governo che nessun europeo ha mai eletto:

la Commissione è ritornata al centro dell’azione.

Infine, un Draghi in debito di cultura democratica si lancia in una speranza intrisa di esaltazione del decisionismo, del distanziamento dei centri decisionali dai sudditi e della stabilità, condita col brivido di una sottile preoccupazione:

In futuro speriamo che il processo decisionale torni così a essere meno difficile, che rifletta la convinzione, sentita dai più, della necessità di un’Europa forte e stabile, in un mondo che sembra dubitare del sistema di relazioni internazionali che ci ha dato il più lungo periodo di pace della nostra storia.

E dopo l’ammissione realistica dello spettacolo poco solidale dell’Unione europea degli stati

Ma non dobbiamo dimenticare le circostanze che sono state all’origine di questo passo avanti per l’Europa: la solidarietà che sarebbe dovuta essere spontanea, è stata il frutto di negoziati.

Ecco la previsione (minacciosa per qualcuno?)

È nella natura del progetto europeo evolversi gradualmente e prevedibilmente, con la creazione di nuove regole e di nuove istituzioni: l’introduzione dell’euro seguì logicamente la creazione del mercato unico; la condivisione europea di una disciplina dei bilanci nazionali, prima, l’unione bancaria, dopo, furono conseguenze necessarie della moneta unica.

La creazione di un bilancio europeo, anch’essa prevedibile nell’evoluzione della nostra architettura istituzionale, un giorno correggerà questo difetto che ancora permane.

In conclusione, chi si fosse illuso, dopo le dichiarazioni positive sulla MMT e la benedizione della spesa in defict, in una conversione di Draghi, in un suo implicito mea culpa per il ruolo ricoperto nella imposizione di politiche austeritarie, nei golpe di velluto, nell’affamamento della Grecia, nell’imposizione agli stati del principio del governo dei mercati, ecc, dopo questa ultima uscita dell’ex governatore della BCE dovrà ricredersi: Mario Draghi era e resta il più cristallino rappresentante del progetto della grande finanza anglosassone ed europea di forzare a tutti i costi la nascita degli Stati Uniti d’Europa.

 

Tratto da Pensieri provinciali

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